venerdì 29 gennaio 2016

Sterilità: è un disagio sociale?







In Italia la sterilità nella coppia è ormai un disagio sociale. Una su cinque non riesce ad avere figli in modo naturale. Solo vent’anni fa la percentuale era la metà. A lanciare l’allarme è il ministero della Salute, che oggi ha presentato il piano nazionale per la fertilità “Difendi la tua fertilità prepara una culla nel tuo futuro”. “L’obiettivo non è invitare gli italiani a fare più figli – ha dichiarato il ministro Beatrice Lorenzin – ma informarli su come proteggere la fertilità nelle fasi della vita, evitando comportamenti che possano metterla a rischio”. Come? Attraverso percorsi formativi rivolti ai medici di famiglia, operatori sanitari e insegnanti. Aumentando i centri di oncofertilità, cioè quelli per la conservazione dei gameti nei pazienti oncologici. E lanciando una campagna di sensibilizzazione su internet e sui social network per arrivare ai più giovani. Il piano inoltre istituisce il Fertility day (una giornata nazionale dedicata alla fertilità) a partire dal 7 maggio 2016. L’infertilità riguarda nel 40 per cento dei casi gli uomini, nel 40 per cento le donne, e nel 20 per cento entrambi. Nel 1970 nei maschi il numero degli spermatozoi era il doppio. E rispetto a 30 anni fa l’età media del concepimento si è alzata di dieci anni in ambo i sessi. Tutti fattori che hanno provocato un crollo delle nascite: 64mila in meno tra il 2008 e il 2013 secondo l’Istat.

link all'articolo

mercoledì 20 gennaio 2016

La storia di "Sfolli": l'intervista







“Mia mamma mi ha insegnato che ci sono due cose che non vanno mai chieste: “Quanti anni hai?” e “quanto guadagni?”.
A mia figlia spiegherò che c’è una terza cosa che non si deve domandare: “A quando un bambino?”.


Cosa significa essere costantemente bombardati da domande riguardanti i figli, quando si sa di non poterne avere?
“La mia fortuna è stata che in quegli anni vivevo in Inghilterra e lavoravo in un ambiente universitario, per certi versi ovattato: i miei colleghi erano proiettati sulla carriera e ai figli ci si pensava molto più in là dei 30 anni. La questione si presentava, però, ogni volta che tornavo in Italia in vacanza: capivo che i miei genitori impazzivano dalla voglia di avere un nipotino e, al contempo, il senso di colpa mi attanagliava perché sapevo che per me e mio marito sarebbe stato difficile, sebbene in quel momento si sapesse soltanto del suo problema, la sindrome di Klineferter, che comporta una totale azoospermia”.
Poi è arrivata anche la diagnosi relativa alla tua infertilità.
“Volevamo provare ad avere un bambino e, consci del problema di “dear husband” (così lo chiama nel suo blog, ndr), ci siamo immediatamente rivolti a una clinica specializzata in PMA (procreazione medicalmente assistita) a Londra. Mancava una settimana al mio 32esimo compleanno ed ecco la mazzata: la mia riserva ovarica era praticamente nulla”.
A quel punto intraprendete il cammino della FIVET.
“I medici erano stati chiari: avevamo una possibilità di successo intorno al 5-10%. In un primo momento avevamo pensato all’adozione, ma poi mi sono detta che dovevo darmi una chance, ricorrendo però a misure forti. Abbiamo usato le mie uova: al secondo tentativo sono rimasta incinta di Gaia, tra lo stupore dei luminari della clinica. Del resto la fecondazione in vitro è una scienza recente, con margini di fallibilità anche nelle previsioni: il primo bimbo è nato nel 1978”.
Durante questa fase della FIVET c’è stato qualcosa che ti ha fatto soffrire?
“In Regno Unito lo Stato ti finanzia la FIVET analizzando tutta una serie di parametri relativi alla sua possibilità di riuscita: be’, la mia contea mi negò il sostegno economico. Una doccia fredda perché significava che per loro ero un caso senza speranze. Per fortuna vivevo a mezzo miglio da un’altra contea, con parametri più flessibili: ripresentai la domanda e venne accettata”.
Quale è stato l’iter della tua FIVET?
“In Inghilterra si muove tutto piuttosto in fretta: si inizia sottoponendosi a una lunga serie di esami (gratuiti) in laparoscopia ginecologica, per verificare eventuali tube chiuse o endometriosi e via dicendo. Dopo cinque mesi è partita la seconda fase, parecchio costosa perché lo Stato mi ha dato circa 5000 sterline per pagare le “pere” di ormoni che mi dovevo iniettare e il seme. Nel mio caso è stato necessario ricorrere a una seconda Fivet perché nascesse Gaia: ho atteso quattro mesi e poi, grazie all’aiuto economico dei miei genitori – lo Stato non ci avrebbe più sovvenzionati – ho iniziato una seconda “raccolta delle uova”. La cosa buffa è che è coincisa con il periodo di Pasqua.

link all'articolo



martedì 12 gennaio 2016

Infertilità e PMA







"E’ difficile immaginare ciò che si nasconde veramente nell’animo di una mamma che ha a che fare con l’infertilità di coppia. Tuttavia, se si immagina il cuore come un puzzle, si comprende subito che alle aspiranti mamme che non riescono a procreare manca un pezzo: queste donne non riescono a  dare un senso concreto a quella che avverto come la naturale missione del proprio corpo, non riescono, cioè, a fiorire.

L’infertilità tradisce le promesse della vita perché di fatto l’esistenza comune racconta della donna come mamma, come culla, come procreatrice e la società immagina che la coppia debba evolversi nel figlio.
Diciamo subito che non si può nemmeno parlare di sospetta infertilità prima che sia trascorso un anno di infruttuosi tentativi di procreazione. Le giovani coppie e tutte le aspiranti mamme debbono, quindi, liberarsi dall’ansia della procreazione immediata.
Sul concepimento influiscono una pluralità di fattori che determinano spesso un’attesa di qualche mese. Programmare un figlio o stabilire che è arrivato il momento giusto per diventare mamma non è certezza di concepimento. E molto spesso l’ansia da procreazione influisce negativamente sulla possibilità di assistere ad un gioioso e atteso volo di cicogna.

Rilassatevi e godetevi in piena serenità l’attesa di un figlio. Non pronunciate mai invano la parola infertilità.

Per sgomberare il campo da ogni possibile equivoco, diciamo subito che l’infertilità di coppia è una diagnosi che deve fare un medico sulla base di prime indagini diagnostiche mirate. Pertanto nessuno può nemmeno ipotizzare l’infertilità di una coppia prima degli esami specifici e degli accertamenti medici.
Solo il ginecologo, trascorso un congruo periodo di tentativi non proficui e compiuti i debiti accertamenti, può avanzare l’ipotesi di avviare un percorso di procreazione medicalmente assistita.
L’infertilità può essere determinata da fattori organici spesso anche banali: età dei partner o di uno di essi; stress, problematiche sessuali , psicologiche o ambientali, condizioni di impedimento attinenti all’apparato riproduttivo. 
Ma l’impossibile procreazione può anche dipendere da “cause misteriose” ovvero cause che sfuggono alla lente di ingrandimento della medicina, in termini medico-scientifici si parla di fattori idiopatici.

Diagnosticata l’infertilità la coppia è chiamata ad una scelta di vita: affrontare o non affrontare un percorso di PMA (Procreazione Medicalmente Assistita)"

link all'articolo