venerdì 26 giugno 2015

PMA: Perché i pazienti abbandonano i trattamenti?








 "Il rapporto tra medico e coppia infertile al centro del V Corso di Medicina della Riproduzione del Centro GENESIS di Roma diretto dal prof. Claudio Manna, Ricercatore presso l’Università Tor Vergata di Roma. Il dato di partenza dell’indagine, condotta sui 70 specialisti ginecologi intervenuti all’evento, evidenzia come solo il 28% delle coppie che si rivolge la prima volta ai ginecologi per un problema di infertilità ritorna quasi sempre dopo il primo appuntamento. Per il 16% dei medici intervistati l’abbandono dopo il primo colloquio è frequente o molto frequente. Nel 40% dei casi, i motivi dell’abbandono sembrano essere legati al rapporto medico-paziente.
Obiettivo principale dell’indagine condotta dal Centro GENESIS quello di aprire al confronto e alla condivisione di esperienze tra medici per migliorare l’approccio ai pazienti che si rivolgono alla PMA e favorire l’aderenza alle terapie. Secondo recenti studi, infatti, si stima che il 40% delle coppie abbandoni il percorso di PMA dopo il primo tentativo fallito, sebbene la pratica clinica dimostri che le probabilità di successo cumulativo aumentano significativamente facendo più tentativi.
Per il 48% dei medici intervistati, il fenomeno dell’abbandono dei trattamenti deriva da fattori economici, mentre il 24% lo attribuisce a problemi di tipo strettamente medico, quali diagnosi o terapia non risolutiva. Da sottolineare che quasi il 40% delle possibilità indicate quali cause dell’abbandono delle coppie ruota proprio attorno al rapporto medico-paziente: l’atteggiamento o il carattere del medico (12%); la sua mancanza di ascolto (12%); la mancanza di fiducia del paziente (12%). Solo nel 3% dei casi subentrano fattori personali del paziente."


giovedì 18 giugno 2015

Le cause psicologiche dell'infertilità: quando il corpo respinge l'embrione







"Nel 15-20% delle coppie sterili non si riesce a raggiungere una diagnosi. Ed è estremamente difficile capire quando la cosiddetta “infertilità inspiegata” sia dovuta a disturbi fisiologici non identificati (o ancora sconosciuti alla scienza medica), oppure a problemi emotivi e psicologici.


“Di certo gli stati d’animo influiscono fisicamente sui neurotrasmettitori, quindi anche sugli ormoni”, precisa Simonetta Betti, psicologa clinica dell’IRCCS Policlinico di San Donato Milanese. “E quando la causa non è biologica, a giocare un ruolo preponderante in entrambi i genitori è senz’altro l’ansia di avere un figlio”.
Il primo ostacolo è l’ansia
Per esempio, non è raro il caso di una coppia che non riesca a concepire, adotti un bambino, e subito dopo ne aspetti uno… in modo naturale. Come se qualcosa si “sbloccasse” una volta esaurita l’urgenza della genitorialità. “Questo aspetto emotivo è presente soprattutto nella donna, che socialmente e umanamente patisce di più la mancanza di un figlio, mentre l’uomo accusa più spesso disfunzioni fisiologiche”, osserva l’esperta. “Ma non è sempre così. Ricordo il caso di un uomo che aveva un grave problema di spermatozoi pigri: una volta deciso con la compagna il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, i suoi spermatozoi si sono ‘risvegliati’ di colpo e i due hanno messo al mondo 3 figli senza alcun aiuto!”
Quando il corpo respinge l’embrione
Una situazione più chiaramente legata a un disagio psicologico è quella che si manifesta durante la Pma. Per esempio quando l’embrione, impiantato con una tecnica come la FIVET o la ICSI, non attecchisce all’utero. “Qui è evidente l’aspetto emotivo”, spiega la psicologa, “perché il cortisolo, l’ormone dello stress, è fonte di abortività”. In questi casi, l’intervento dello psicologo (figura sempre presente nei migliori centri di Pma) è mirato ed efficace: la terapia consiste nell’aiutare la futura mamma a rilassarsi e a vivere in modo positivo la gravidanza in arrivo. “Inoltre, nella fase post-impianto della procreazione assistita la donna è un po’ sola ed è necessario coinvolgere anche il compagno, inducendolo a essere più empatico, più partecipe di ciò che sta avvenendo all’interno del corpo femminile”.



giovedì 11 giugno 2015

Fecondazione eterologa, siamo un popolo di importatori?




"Siamo un popolo di importatori. Di gameti. Da quando l’eterologa – la tecnica di fecondazione artificiale che prevede l’impiego di ovociti o spermatozoi di donatori estranei alla coppia – è stata liberalizzata dalla Corte Costituzionale, alle dogane degli scali nazionali è un gran via vai di ovociti e liquido seminale congelati, ordinati all’estero. I nostri centri ne sono sprovvisti perché gli italiani non possiedono slancio solidale, non sono preparati. L’alternativa, dunque, è lo «shopping» all’estero. Nei primi cinque mesi dell’anno sono così arrivati 855 contenitori delle preziose cellule riproduttive congelate: 441 con liquido seminale, 315 con ovociti (ciascuno contenente tre uova) e 99 con embrioni. Contenitori destinati in tutto a 420 coppie.
I dati li ha presentati a Napoli Giulia Scaravelli, responsabile del registro sulla procreazione medicalmente assistita all’Istituto Superiore di Sanità, ai medici del congresso della Società Italiana di Andrologia (la Sia) presieduto da Giorgio Franco.
Sono nati bambini? I giornali hanno riportato la notizia di un’unica nascita «eterologa», presso la clinica Alma Res di Roma. Ma in questo caso si è trattata di una storia made in Italy, grazie a una studentessa che si è offerta volontaria e ha acconsentito al prelievo dei suoi ovociti. Altre gravidanze sono in corso. All’ospedale pubblico di Cortona, Asl di Arezzo, sono stati eseguiti 36 impianti di eterologa, altri 32 in calendario. Nascite attese entro l’estate al centro European Hospital di Roma, diretto dall’andrologo Ermanno Greco: «Da noi la percentuale di successo con donazioni maschili è del 37%. Preferiamo che sia il paziente ad occuparsi dell’importazione. Attenzione però, molte eterologhe si potrebbero evitare con una valutazione più meticolosa della causa di infertilità, cercando alternative»."

mercoledì 3 giugno 2015

Gli esperti: “Ecco le nostre proposte per promuovere la natalità e difendere la fertilità”






"La denatalità influenza direttamente molti settori: economico, sociale, sanitario, previdenziale, tanto per citarne alcuni. Occorre, pertanto, promuovere una consapevolezza nelle persone e un cambiamento culturale che porti negli anni  ad invertire la tendenza al declino delle nascite”. Ma “manca ancora, purtroppo, una vera cultura della fertilità sia nell’opinione pubblica che in una certa quota di medici, nonché nei processi comunicativi di massa, una cultura che promuova un momento riproduttivo consapevole e nelle migliori condizioni biologiche possibili”. Questo il quadro della realtà italiana dipinto dal “Tavolo consultivo in materia di tutela e conoscenza della fertilità e prevenzione delle cause di infertilità” del ministero della Salute, che per la realizzazione del Piano nazionale per la fertilità ha elaborato un documento di osservazioni e proposte per promuovere la natalità e la tutela della fertilità nel nostro Paese...

Per gli esperti del Tavolo “è necessario, allora, recuperare il valore sociale della maternità, sia come esperienza formativa individuale sia come bene di tutti. La società deve comprendere che è un bene che nascano bambini, è un bene che il Paese possa riprodursi e sostituirsi, senza declinare irrimediabilmente. In questo senso impegnarsi per un welfare e anche per progetti di sostegno economico alla natalità (vedi bonus bebè, detrazioni fiscali, forme di lavoro flessibile, maggiore uso del congedo parentale per gli uomini, presenza capillare di nidi aziendali, ecc) non deve essere visto come una sorta di "compensazione" per il "disagio", ma come un atto di responsabilità e giustizia sociale”.  

Questo significa anche “ offrire, a partire dai più giovani, informazioni corrette sulla fisiologia maschile e femminile, sull’andamento della curva della fertilità ed i suoi tempi, sui comportamenti che possono compromettere la fertilità ma anche sulle principali patologie che se opportunamente trattate in tempi e modi corretti possono consentire comunque di avere un figlio”

Molta importanza viene data al tema dell' educazione, soprattutto rivolta agli adolescenti

"Educazione alla sessualità dal bambino all’adolescente
Aver cura della propria salute riproduttiva e sessuale fin dall’infanzia è indispensabile per evitare che patologie o comportamenti scorretti e dannosi possano compromettere la fertilità futura. La salute sessuale e riproduttiva è un importante aspetto della crescita e dello sviluppo in particolare in età adolescenziale.
Gli adolescenti vanno educati a divenire autonomi e ad avere maggiore responsabilità per la propria salute ed in particolare circa la propria sessualità e funzione riproduttiva. Nella maggior parte dei casi i giovani ricevono le informazioni su sessualità e riproduzione dagli amici, seguiti dai media. La carenza di informazione, in particolare di quella “referenziata” (a vantaggio invece, di un’ampia disponibilità di dati “spazzatura” accessibili sul web), sembra essere una delle maggiori criticità. E’ fondamentale anche l’azione educativa della famiglia, che può essere integrata e arricchita dal contributo di esperti e di istituzioni."